Museo di Triora 5 La stregoneria

La stregoneria

Al confine tra mondo conosciuto e mondo sconosciuto

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La caccia alle streghe di Triora: tematiche di una tragedia

Qui si approfondiscono alcuni argomenti legati alla visione millenaria di più condizioni umane: la necessità della cura delle persone senza passare dalla medicina ufficiale, la volontà di essere padroni del bene e del male fino alla creazione della paura della strega. Un fenomeno complesso. A Triora, dal 1587 al 1589, la paura della strega ha creato una condizione orribile in una Comunità e poi in nel territorio interno dell’attuale regione Liguria. Una vicenda nota e studiata, che fa di Triora una città martire del sospetto. Ora entriamo nelle condizioni e nelle mentalità del periodo e dell’evento.

 

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1587: due anni di raccolti cattivi per una Comunità che viveva della gestione di un amplissimo territorio produttivo. Non vi è spiegazione se non nel non conosciuto. Il parlamento comunitario pensa che si tratti di un maleficio e si rivolge all’autorità civile e a quella religiosa.

La giustizia civile ai tempi non era sola. C’era anche una giustizia religiosa e questo è il campo in cui la divisione di indagine è sottile.

L’inquisitore della Repubblica di Genova e l’inquisitore della Diocesi di Albenga, Girolamo dal Pozzo, arrivano in città. La città paga la loro presenza.

Girolamo dal Pozzo: formatosi su di una cultura di severa Riforma religiosa, costruita in decessi di pregiudizi, è un cacciatore di persone. Il sospetto, la diceria, le invidie. La tortura. Si arriva a trenta donne, ragazze e persino un ragazzino che possano essere eccentrici rispetto alla Comunità.

Isotta Stella: muore a causa delle torture subite. Quali, le scoprirete a Triora. Voi visitatori potrete evitarle. Quelle donne, no. Era di famiglia abbiente, Isotta. Il sospetto non salva nessuno.

La donna ignota: disperata, si uccide buttandosi da una finestra. Proprio in piazza della chiesa. Non si conosce il suo nome e si arriverà a dire che è stato il Diavolo a chiamarla. Non commentiamo.

1588: gli stessi rappresentanti del Comune che avevano chiesto l’indagine e avevano esposto economicamente la Comunità, ora chiedono moderazione alle autorità civili e religiose. La situazione è fuori controllo. Non c’è sicurezza per nessuno.

L’Inquisitore capo genovese: la nullità. Un paio di scarcerazioni, forse a caso.

Giulio Scribani o, alla genovese De Scribani: oggi sarebbe sottoposto a perizia psichiatrica, ma è figlio del suo tempo e della sua cultura. Commissario genovese, vede e fa cercare streghe e stregoni in tutto il territorio, anche oltre Triora. Pensa a reati terribili, demoniaci e maniacali. Organizza torture infinite. Condanna al rogo quattro donne.

Franchetta Borelli: una donna sospettata che sa di essere innocente. Di famiglia abbiente, viene riscattata da un parente che è collegato agli stessi rappresentanti del Comune che hanno chiesto gli interventi degli inquisitori. Scappa, viene catturata. Torturata a lungo: esiste l’intero verbale di un interrogatorio in cui le tormentano il corpo, ma non la mente. Resiste, discute con i carnefici, parla di campagne e di cibo e riesce ad essere persino ironica.

Gli enti governativi genovesi: distanti e timorosi. Cercano di sopire una situazione ormai fuori controllo.

Serafino Petrozzi: abile giurista genovese, mette in discussione l’opera di Scribani, ma conferma condanne al rogo. Pone interrogativi a chi non se li fa.

Il Padre Inquisitore di Genova, rappresenta l’Inquisizione di Roma. Sa di sapere. Lui può giudicare la stregoneria, solo lui. Manda condannate a Genova, insieme ad altre. In questo modo sottrae le donne al sospetto locale.

Davide Vacca: doge di Genova. Capisce che è ora di mettere fine alla questione e chiede la fine del processo alle supreme autorità religiose.

1589: il processo termina. Può essere che le detenute genovesi siano state liberate. Roghi non ce ne sono stati, ma la Comunità di Triora non si risanerà facilmente. Rimarrà il luogo del non detto.

Giulio Scribani: è andato oltre il suo mandato, occupandosi di materie religiose e non civili. Sarà pure scomunicato. Chissà se ha capito che il Cristianesimo è fatto di misericordia e dialogo.

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L’etnomedicina. Le cure non ufficiali, il bisogno di un percorso diverso

L’Uomo ha sviluppato nei millenni una conoscenza sapienziale della Natura. La necessità della caccia è della raccolta sopravvive per secoli. La raccolta delle erbe e dei frutti spontanei della terra è tale che le proprietà dei vegetali sono conosciute e apprezzate, ancora oggi, per necessità terapeutiche.

L’Uomo tribale si è affidato per moltissimo tempo a chi meglio conosceva queste proprietà per la cura delle malattie o per motivi legati al soprannaturale.

Per far bene come per far male. Nel tempo, in molte culture, l’uomo della medicina tradizionale è stato soppiantato dall’uomo che ha studiato la medicina, magari utilizzando gli stessi principi attivi vegetali. Però è scienza, esame, qualifica, prova. Si formano due mondi, uno ufficiale e l’altro non ufficiale. In quest’ultimo ci sono le aree marginali, gli abitati rurali, le classi sociali che non si possono permettere le cure spesso inutili di medici certificati. La sola conoscenza della medicina detta “popolare” giunge fino a noi, pressoché intatta, nonostante la condanna dei rimedi di donne sole o intraprendenti, di figure oscure e silenziose, poi spesso individuate come un pericolo, subdolo, per la Comunità.

Il bisogno di naturalità nel mondo di oggi è anche figlio di quella condizione di migliaia di anni fa. Anche prepararsi una tisana con la melissa raccolta in campagna può diventare una pratica piena di significati arcaici.

 

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Lo sciamano dentro di noi

Visitare Triora e il suo sistema museale fa comprendere molto. Il molto del non conosciuto. Potrebbe essere una questione di atmosfera, certo. Le pietre, i silenzi, gli spazi infiniti, il contatto diretto con la Natura. Tutto questo fa parte di un disegno complesso, articolato.

Siete nel mondo alpino, dove la dimensione magica dura a lungo, arriva fino a noi. Tutte le Culture del mondo, persino addentro alle religioni più recenti, presentano elementi di un sapere comune. Sono figure fondamentali quelle che si pongono fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.

Pensate alla figura dello sciamano: guaritore, ma anche capace di creare maledizioni, indovino, uomo al di là del genere umano.

Qui, fra le mura che hanno visto le presunte streghe di Triora tenute in prigionia, conoscerete subito le proprietà e gli oggetti che, in giro per il mondo, servono a chi va oltre i poteri dell’Uomo, bianco o nero, positivo o negativo.

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Femmina, dunque…

La ricostruzione del dramma dei processi per stregoneria a Triora fra 1587 e 1588 mette in risalto la figura della donna. Nel percorso umano, Donna è la Terra, è genitrice, è iniziale Madre totale. Qui, a contatto con una Natura incorrotta, si comprende. E si va oltre, nel tempo, nello spazio.

Dalle Culture antiche alle figure femminili dominanti dell’Antichità, vestite di mistero. Ecate, Iside, Diana / Artemide. La stryx del mondo romano viene prima della “strega” vicino a noi. La figura femminile viene deformata, vista con sospetto, a livello popolare e non solo. Le caratteristiche proprie dell’animo femminile sono malcomprese. Eccole, quelle morti sospette, l’infinita serie di bambini morti senza motivo apparente.

Oggi la scienza dà risposte, un tempo le risposte potevano/dovevano essere altre. Molti, anche qui a Triora, potevano sapere di arti magiche, di alchimia, però le accuse raggiungevano chi non si poteva, forse, difendere. Donne, e qualche uomo eccentrico. La figura cupa del Diavolo, del male assoluto, le sue trasformazioni, la sessualità non gioiosa: l’impossibile fatto possibile, come il volo notturno. Anche una sola scopa su di una porta di Triora è una memoria.

Entrando in casa, poi, può esserci uno specchio davanti a voi, contro le streghe: la strega ha paura di sé stessa. Lo sapevate?

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Dominae Herbarum… Signore delle erbe

Da queste parti, in vari luoghi, esiste il mito fatto reale della Maitò… colei che giudica e regge. Il ruolo della donna che cammina, che raccoglie. E che sa. La Madre Grande. La figura chiave anche di sistemi familiari.

Donna che può essere sola, ma se sola è in pericolo. Perché sa. Le generazioni si sono tramandate, parola dopo parola, tutto quello che serve per vivere in mezzo alla Natura. Anche le popolazioni cosiddette “primitive” ne sanno più di noi su quanto siano efficaci o pericolosi una pianta o un fungo.

Se non avete neanche mai vissuto in campagna, qui potete iniziare a capire. Basta seguire un profumo, alzare lo sguardo, spostare legno. Provare e credere.